Gli indici (anche chiamati quozienti, rapporti , ratios) rappresentano una tra le più conosciute tecniche di analisi dei bilanci aziendali e vengono comunemente utilizzati per la loro “semplicità” di calcolo, la comprensibilità del risultato, la comparabilità delle tendenze e la valenza segnaletica degli andamenti economici e finanziari. Consentono di effettuare una valutazione dell’assetto economico globale delle imprese secondo solidità, redditività, liquidità e sviluppo.
La fase preliminare per la corretta costruzione degli indici, consiste nell’analisi critica delle loro caratteristiche generali nelle circostanze nelle quali forniscono il maggior potenziale informativo: questo perché si rivelano degli efficaci strumenti di indagine soltanto se il loro utilizzo avviene in modo logico e non in maniera meccanica. In altri termini, pur esistendo dei ratiosvalevoli per nella maggior parte delle situazioni, altri possono essere costruiti ad hoc di volta in volta.
Considerato singolarmente, un indice di bilancio, non fornisce informazioni rilevanti: deve essere necessariamente messo a confronto con parametri di riferimento (storici, sistemici, di settore, di comparto) ma, soprattutto, deve essere inserito in un sistema, all’interno del quale assumono primaria importanza le relazioni di interconnessione e di equilibrio. Per esempio, il grado di indebitamento, utilizzato in maniera isolata, non consente di effettuare giudizi circa la solidità dell’azienda. Ciò diventa possibile soltanto nel momento in cui viene posto a confronto con la situazione reddituale, il rischio finanziario dell’azienda, il grado di liquidità, il settore in cui opera e altri parametri di confronto.
Lo studio e la comparazione sistematica degli indici aiuta il management a individuare le opzioni strategiche volte a mantenere l’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’impresa ponendosi al contempo l’obiettivo di aumentare la redditività.
Per esempio, effettuando delle analisi su una serie storica di indici reddituali si può ottenere una visione di lungo periodo del rendimento economico dell’impresa, mentre comparando un indice con il benchmark o con il valore medio del settore di riferimento si potrà ricercare il posizionamento dell’impresa sul mercato rispetto alle sue concorrenti.
Nonostante gli indici siano il risultato di calcoli matematici rigorosi, bisogna pur dire che non necessariamente rispecchiano i reali stati di equilibrio o squilibrio economico e finanziario di un’impresa. A mio parere, un primo limite degli indici dipende dai documenti stessi che compongono il bilancio di esercizio: i due documenti principali del bilancio (stato patrimoniale e conto economico) esprimono due aspetti differenti degli stessi fatti aziendale e lo fanno anche in modo diverso (statico e dinamico): alcune voci sono soggette a forti variazioni stagionali rischiando di far raggiungere interpretazioni fuorvianti che rendono inefficace, o quantomeno poco significativa, l’analisi per indici. Un secondo considerevole limite è relativo alla differente velocità di monetizzazione che potrebbero avere le aree dello stato patrimoniale (per esempio l’attivo circolante e il passivo corrente). Ritengo che l’analisi di bilancio per indici dovrebbe sempre essere affiancata ad altre forme di analisi, come l’analisi per flussi; oppure essere utilizzata con la dovuta cautela, così da evitare qualunque forma di miopia interpretativa in grado di portare l’analista fuori strada.
(a cura di Alessio Benedetti)